Gran Principessa di Toscana per San Galgano
la sua visita a Montesiepi e all’abbazia.
Con la nomina di vari membri della famiglia dei Medici di Toscana ad abati commendatari di San Galgano – sei, ininterrottamente in poco più di cent’anni, dagli anni Ottanta del ‘500 fino al 1709 – il nome del nostro San Galgano e la devozione verso di lui superarono i confini del territorio volterrano e senese. Nell’ultimo numero del nostro giornaletto abbiamo visto come nel 1682 il Principe Francesco Maria de’ Medici, fratello del Gran Duca Cosimo III, fosse divenuto anche il Protettore della Compagnia dedicata al Santo ed avesse visitato poco dopo l’abbazia e nel 1694 avesse fatto condurre degli scavi nell’eremo e nell’abbazia al fine di recuperare le reliquie di lui che vi si supponevano ancora sepolte.
Qualche decennio dopo la visita del Principe Francesco Maria, fu la volta di un altro illustre membro della casa granducale toscana e rendere omaggio al santo cavaliere ed eremita, la Gran Principessa Violante Beatrice, nuora di Cosimo III.
Violante Beatrice apparteneva alla stirpe dei Wittelsbach: figlia di Ferdinando Maria Duca di Baviera e Principe Elettore del Sacro Romano Impero e di Enrichetta Adelaide di Savoia, aveva sposato nel 1688 Ferdinando de’ Medici, Gran Principe ereditario di Toscana, figlio del Gran Duca Cosimo III e di Luisa Margherita di Borbone-Orléans. L’incontro fra i due giovani, quindici anni lei, diciotto lui, era avvenuto il 27 dicembre a San Piero a Sieve e se da parte di Violante Beatrice, non propriamente bella ma graziosa, dolce, garbata, era stato amore a prima vista, da parte di Ferdinando era stata totale indifferenza se non freddezza, un atteggiamento che si protrasse per tutti i venticinque anni di durata del matrimonio, aggravato purtroppo dalla sterilità coniugale.
Ricevuto il titolo di Gran Principessa di Toscana, che spettava alla moglie dell’erede al trono granducale, Violante Beatrice si era affezionata alla sua nuova patria, tanto da volervi rimanere anche dopo la morte del marito, avvenuta nel 1713.
Alla morte di Ferdinando, Cosimo III aveva nominato la nuora Governatrice di Siena e il 12 di aprile del 1717 la Gran Principessa era giunta in città.
Il nome di Violante Beatrice di Baviera è legato al celebre bando del 13 settembre 1729 che organizzò i territori di competenze della diciassette contrade senesi così come appaiono attualmente.
Nell’ambito delle sue mansioni di Governatrice di Siena visitò anche alcuni luoghi del suo stato: il Libro di Ricordanze del monastero vallombrosano di San Martino di Chiusdino ricorda la visita della Gran Principessa all’eremo di Montesiepi e all’abbazia di San Galgano avvenuta all’inizio dell’estate del 1721.
Leggiamo infatti che il 18 giugno 1721 l’abate di San Martino e quindi anche di San Galgano, il lorenese don Liborio de Bussy, “Avendo saputo […] che Sua Altezza Reale Governatrice di Siena voleva venire a S. Galgano”, si recò a Siena, “a reverirla” e “e fù ricevuto con cortesia”.
Evidentemente l’abate andò ad organizzare la visita nei minimi particolari, presumibilmente per non incorrere in nessuna gaffe rispetto alla rigida etichetta dell’epoca.
Soprattutto questa breve nota ci dice una cosa importantissima, e cioè che anche la visita della Serenissima Governatrice di Siena a Montesiepi e nella celebre abbazia, era dovuta alla sua stessa volontà, alla sua devozione verso il nostro santo concittadino e non per soddisfare una richiesta della popolazione locale o della stessa comunità monastica.
La Gran Principessa aveva già conosciuto la figura del santo cavaliere ed eremita fin dai primissimi giorni dopo il suo arrivo a Siena: il 12 maggio 1717, infatti, esattamente un mese dopo il suo arrivo, ella aveva visitato il monastero agostiniano di Santa Maria degl’Angeli, vicino a Porta Romana, altrimenti detto del Santuccio, dal nome della famiglia Santucci che lo aveva beneficato, e che all’epoca custodiva la preziosa reliquia della sacra testa del nostro glorioso concittadino. In quell’occasione le monache avevano regalato alla Principessa una piccola teca-reliquiario contenente una ciocca dei capelli del santo.
Due mesi dopo, il 17 luglio la Principessa era tornata al Santuccio “con il signor principe”, come si legge nella cronaca manoscritta del monastero – credo trattarsi del proprio nipote, Giovanni Teodoro, appena diciottenne ma già Vescovo di Ratisbona, che era a Siena per compiervi gli studi universitari – “per visitare San Galgano che lo volsero fuora in chiesa per goderlo meglio e doppo vennero alla porta”, e poi di nuovo vi ritornò il 21 dello stesso mese “con di molte e diverse dame”.
Quattro anni dopo la sua visita al Santuccio, Violante Beatrice espresse la volontà di visitare i luoghi che più di tutti celebravano la santità di Galgano: l’eremo di Montesiepi e la sottostante grande abbazia.
Veniamo dunque alla breve nota sulla visita della Gran Principessa di Toscana all’abbazia di San Galgano, redatta dall’abate de Bussy.
La Principessa giunse all’abbazia il 29 giugno 1721, ricevuta dall’abate de Bussy e dai monaci vollombrosani: “A. 29 detto [giugno]” – ha scritto lo stesso abate – “venne S. A. Reale La Ser.ma Violante di Baviera Governatrice di Siena a S. Galgano”. La Principessa ascoltò una prima messa nella cappella di Montesiepi e poco dopo, un’altra nella grande chiesa abbaziale. Dopo il sacro rito fu accompagnata alla visita dell’abbazia dove i monaci avevano preparato un rinfresco e “fu servita di cioccolata, paste, canditi, e Rosoli, e tutta sua corte”.
“Di poi – continua l’Abate de Bussy – se n’andò a desinare a Frosini dopo haver fatto distribuire scudi 12 per i Poveri”, non smentendo quindi la sua fama di donna caritatevole e pia che le aveva meritato l’assegnazione della Rosa d’Oro da parte di Papa
“La sua corte – conclude la breve cronaca dell’evento – era composta dal Sig. Siniscalco Gaddi, cinque Dame alcuni suoi Ofiziali in sette calessi, e persone al Cavallo”.
Sua Altezza Reale Violante Beatrice di Wittelsbach, nata dei Duchi di Baviera, Gran Principessa ereditaria di Toscana, Governatrice di Siena, si spense, piamente com’era vissuta, a Firenze una decina d’anni dopo, il 30 maggio 1731, all’età di cinquantotto anni.
Andrea Conti