Molto si è scritto, a proposito e a sproposito, sul nome del nostro caro santo: Galgano.
La più antica biografia che ci sia pervenuta su di lui, scritta nella prima metà del Duecento da un anonimo monaco cistercense, fa derivare il nome Galgano dal toponimo Galgala, che è attestato in vari testi biblici come la località in cui gli ebrei festeggiarono la prima Pasqua dopo l’ingresso nella terra di Canaan, quella da dove Giosuè mosse per la conquista di Gerico, quella infine dove il grande re Davide fu accolto dopo la sconfitta del figlio ribelle Assalonne; in sostanza è il luogo assurto a simbolo dei prodigi e dei benefici operati dal Signore a favore del popolo ebreo, nel corso della lunga peregrinazione nel deserto e della lotta per la conquista della Terra Promessa.
Tuttavia sembra molto improbabile che i genitori del nostro santo avessero una tale circostanziata conoscenza delle Sacre Scritture da modellare su un toponimo ebraico il nome del loro figlio. Questa etimologia appare allora più come il frutto della speculazione dell’anonimo monaco cistercense che di quella dei genitori del santo, e va letta come conseguenza della rinascita dell’interesse per l’Antico Testamento, manifestatasi in ambito teologico a partire dall’ VIII secolo ed intensificatasi nei secoli seguenti, e che troverà una delle sue massime espressioni negli scritti del grande papa Innocenzo III, che ridondano di questa ricerca del significato morale, spesso assai forzato, delle parole.
Una trentina d’anni fa, il grande medievista Franco Cardini ha ravvisato la somiglianza del nome Galgano con quello di uno dei protagonisti dei romanzi della Tavola Rotonda, Galvano, figlio di una delle sorelle di Artù: il nome deriverebbe allora dal gallese Gwalchmai attraverso il latino Walwanus. Ed è vero che negli anni Venti e Trenta del XII secolo, che precedettero di poco la nascita del nostro Santo, due storici inglesi, Guglielmo di Malmesbury e Goffredo di Monmouth, avevano dato un grande impulso alla diffusione di questo nome in Europa: Guglielmo scrivendo che la tomba di Galvano era stata scoperta verso la fine del secolo precedente, a Ros (una località non identificabile con precisione) e Goffredo, descrivendo Walwanus/Galvano come un cavaliere di grande valore che aveva combattuto a fianco del re Artù in numerose battaglie.
In base a ciò, si è ipotizzato uno stretto collegamento fra il nostro Santo e le leggende arturiane.
In realtà, che il nome Galgano possa trovare la sua origine nell’ambito della letteratura arturiana è possibile, ma tutt’al più testimonia la diffusione di questi miti in Italia fin dalla metà del XII secolo, cosa, del resto, ampiamente provata, basti pensare all’archivolto della Porta della Pescheria della cattedrale di Modena (realizzato fra gli anni Venti e Quaranta del secolo) o ai mosaici della cattedrale di Otranto (databili al 1165). Tutto questo e l’ampio uso del nome Galgano riscontrabile nell’Italia centro occidentale assai prima della nascita del Nostro, ci porta quindi a concludere che i legami culturali con la matière de Bretagne non riguardino esclusivamente il Santo chiusdinese, come da qualcuno si vorrebbe artatamente sostenere.
Ancora il Cardini, cogliendo un’assonanza fonetica tra il nome del Santo chiusdinese ed il toponimo Gargano, ha formulato un’interessante domanda riguardo alla scelta di questo nome da parte dei genitori del santo «se questa devozione michelita era così profonda, perché non pensare più specificamente ad un voto all’arcangelo, a un voto di pellegrinaggio in particolare, per vincere l’impossibilità di Guidotto e Dionigia di aver della prole? E il santuario più celebre dell’arcangelo in Italia era quello – celeberrimo, poi, nel XII secolo – di Monte Gargano. L’evidente somiglianza delle due parole, Gargano e Galgano […] farebbe pensare a un nome di stampo veramente michelita e getterebbe ulteriore e più chiara luce su tutti i futuri rapporti fra il princeps caelestis militiae e Galgano». Tuttavia riguardo ad un eventuale pellegrinaggio al santuario del Monte Gargano, così scrive: «Il culto michelita era assai diffuso in Toscana e fuori di Toscana […], molto più semplicemente, si trattava del culto patronale chiusdinese: la pieve di Chiusdino era infatti dedicata all’arcangelo», riconducendo seriamente e con equilibrio l’intera vicenda alla sua dimensione locale. Ed infatti di questo presunto pellegrinaggio di Guidotto e Dionisia al santuario del Gargano non c’è traccia in nessuna delle fonti galganiane ed apparirebbero quanto meno bizzarri i genitori del santo se avessero chiamato il figlio con il nome del luogo geografico del santuario anziché con il nome dello stesso titolare di esso, Michele!
La mia ipotesi è che il nome Galgano non sia che la contrazione del nome romano Gallicano, Gallicanus, abbastanza diffuso nella tarda antichità e nel Medio Evo e che la sua imposizione al Santo non abbia alcun riferimento alle leggende di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda.
La Chiesa censisce due santi con il nome di Gallicano, un martire del IV secolo ed un vescovo del VI secolo. È soprattutto il primo che ha attratto la mia attenzione: Gallicano fu infatti un generale dell’esercito di Costantino il Grande: avendo rinunciato alla carriera delle armi, istituì un ospizio per poveri e malati ad Ostia. Durante la ripresa del paganesimo, successiva all’ascesa al trono di Giuliano l’Apostata, non avendo voluto abiurare la religione cristiana, Gallicano fuggì ad Alessandria d’Egitto dove tuttavia fu decapitato in odio alla fede intorno al 363. Le sue reliquie sono tuttora venerate nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, a Roma.
Credo che questo San Gallicano avrebbe facilmente trovato ospitalità nelle devozioni di una casta di militari qual era appunto quella cui apparteneva la famiglia del nostro Santo.
Qualunque sia la sua origine, il nome Galgano era in ogni caso niente affatto originale nella Toscana del XII secolo ed anzi abbastanza diffuso: la presenza di altri personaggi con questo nome è attestata infatti, anche prima del nostro santo, in una vasta area che, partendo dalla Liguria, attraversa la Toscana e giunge fino al Lazio.
Soprattutto era questo il nome del vescovo che governò la diocesi di Volterra, di cui Chiusdino all’epoca faceva parte, fra il 1149 o ’50 ed il 1168 o ’69, esattamente negli anni stessi in cui nacque il nostro Santo: Galgano Pannocchieschi.
Personaggio quanto mai interessante, Galgano Pannocchieschi fu dinamico ed irrequieto uomo d’arme, più che pastore di anime. Al suo nome è curiosamente legato il più antico componimento poetico italiano che si possa chiamare letterario, sia pure modestamente, scritto da un giullare quando il potente prelato era ancora in vita:
«Salv’a lo vescovo senato
lo mellior ch’umque sia nato
che da l’ora fue sagrato
tutt’alumna ‘l chericato».
Dopo una serie di sperticati elogi, il giullare giunge alla richiesta che gli stava tanto a cuore, quella di un cavallo balçano, cioè con una balza di pelo bianco sulle gambe:
«Se mi dà caval balçano
mostreroll’al bon Galgano
al vescovo volterrano
cui benedicente bascio la mano».
In un crescendo di potenza, nel 1164 il vescovo Galgano, ottenne dall’imperatore Federico I Barbarossa, di aggiungere alla sua autorità spirituale anche il dominio politico su Volterra e sull’intero comitato, con il titolo di conte. Questa sua compromissione con l’autorità imperiale lo mise in urto con le magistrature comunali volterrane, alle quali aveva sottratto i tributi pubblici sulle argentiere, sulle acque salse, sui fiumi, i pascoli, le spiagge, i boschi, e delle quali era determinato a ridurre l’autonomia, tant’è che, in seguito ad una sollevazione, fu ucciso sulla porta stessa della cattedrale.
Fragile in città, il potere del vescovo aveva al contrario basi affatto solide nelle campagne: la cosa più verosimile, è che i genitori del Santo abbiano dato al figlio questo nome quale omaggio verso il potente vescovo-conte.
Andrea Conti
(Adattamento di una parte del cap. I del libro La spada e la roccia. San Galgano: la storia, le leggende, di Andrea Conti e Mario Arturo Iannaccone, Sugarco Ed., Milano 2007).