35° anniversario del ritorno della Sacra Testa di San Galgano nella Sua terra (Bollettino 1/2012)

breve excursus storico del culto e delle vicissitudini della preziosa reliquia

 di Andrea Conti

CastellanoNell’aprile del 1977, esattamente trentacinque anni fa, dalla mani di Sua Eccellenza Rev.ma Monsignor Mario Ismaele Castellano, Arcivescovo Metropolita di Siena, il Proposto della chiesa di San Michele Arcangelo in Chiusdino, don Vittorio Lorenzetti, a nome dei chiusdinesi, ricevette la reliquia della Sacra Testa di San Galgano per trasferirla dal museo dell’Opera del Duomo, dove si trovava, al paese natale del santo, dopo che erano passati quattro secoli dal suo spostamento dall’abbazia a Siena. Fu un evento memorabile, com’è dimostrato dai vari articoli giornalistici che ad esso dedicarono i quotidiani senesi.

La Sacra Testa fu separata dalle spoglie del cavaliere-eremita in seguito alla canonizzazione, intorno al 1185 o ‘86, quando il cadavere di Galgano fu disseppellito per essere esposto alla pubblica venerazione. Il più antico resoconto di questo evento, è quello redatto dal primo biografo del santo, un anonimo monaco cistercense che scrive: “Il corpo viene tolto dalla terra per essere posto più onorevolmente in un altro sepolcro e nei sacri altari, così come vuole la Chiesa”, “il suo capo, ornato dalla bellezza dei biondi capelli, si conserva con ogni devota cura integro e senza alcuna lesione, per essere mostrato ai fedeli” (Caput eius, lucentium capillorum pulchritudine adornatum, integraliter sine lesione cum omni devotione servatur, Christifidelibus ostendendum), ed infine: “tutti gli anni, radunati i fedeli, ne viene fatta una devotissima ostensione”.

La vita della piccola comunità fondata da Galgano su Montesiepi proseguì senza particolari problemi fino al 1191 quando, su sollecitazione del Vescovo di Volterra, Ildebrando Pannocchieschi, giunsero all’eremo alcuni monaci cistercensi: una parte dei seguaci del santo entrò nell’ordine cistercense e rimase in loco, mentre un’altra parte volle conservare la propria autonomia ma dovette lasciare l’eremo.testa1

Fu in questa occasione che le spoglie di Galgano furono divise? Sappiamo che la parte degli eremiti che lasciarono Montesiepi per approdare in Garfagnana, a Valico di Sotto, nella speranza di trovare un luogo adatto per servire Dio, poterono insediarsi grazie alla generosità del pievano del luogo che, avendo udito come una donna molto pia che aveva ospitato i religiosi, «svegliatasi a metà del corso del notte [avesse visto] due grandi luci sulla cassa in cui erano poste le reliquie di San Galgano», donò loro il terreno per costruire il monastero.

Quindi è certo che la Testa rimase a Montesiepi mentre sembrerebbe che il resto del corpo avesse preso la strada della Garfagnana per poi andar perduto coll’abbandono di quei luoghi.

Circa una sessantina d’anni dopo questi eventi, la Sacra Testa fu collocata in un reliquiario realizzato dall’orafo senese Pace di Valentino fra il 1260 ed il ’70, a forma di torre ottagonale, di circa un metro di altezza, in argento dorato, con decorazioni di smalti e pietre preziose. Antonio Libanori, che fu Abate di San Galgano, scrive che per le grandi solennità, la reliquia veniva mostrata al pubblico in «una bella torre di legno, a otto faccie, spartita in altre tante belle finestre, divise da colone, e sopravi una Cupola molto leggiadra, che termina in Piramide, tutta di legno dipinto, e fregiato d’oro. In questa gran Torre, o Tabernacolo, che la chiamino, portato nel mezzo della gran Piazza che hora serve per Prato, avanti la Chiesa, entravono i Monaci colla Santissima Testa, e saliti sul palco, la mostravano al popolo, girando attorno la Torre, a talché per le finestre commodamente da tutti era mirata, e adorata».

testa2La bellezza della Sacra Testa, che si presenta in realtà come un cranio, peraltro privo della mandibola inferiore ma coperta da una sorta di toupet biondo, fu idealizzata dai biografi del Santo, tanto che la reliquia fu descritta come intatta, «d’aspetto giocondo, più presto piena, che asciutta; di colore acceso, come se vivesse, e con alcune lentiggini». Fu pia convinzione poi, che la reliquia trasudasse «un’acqua, ò liquore, che raccolto, sanava diverse infermità», e che «i capegli di detta testa più volte essendo stati tagliati per devozione, e per giovamento di diversi infermi», ricrescessero.

Il primo maggio di ogni anno la reliquia veniva portata a Chiusdino dove si teneva una sorta di sacra rappresentazione della vita del Santo «non senza concorso de vicini paesi, con grandissima devozione».

Sempre l’Abate Libanori scrive che «e perché di giorno in giorno ne’ Cittadini, e Popolo di Siena cresceva sempre più il culto, e la venerazione verso il suo Cittadino, e molti si dolevano di non poterlo visitare per essere la strada ben lunga, e molto cattiva, perciò più fiate pregarono i Monaci Cistercensi a portarla dalla Badia, fino alla Città, il che fu loro benignamente concesso, facendosi però questo di rado, ed in occasioni, e bisogni urgentissimi, come per timore di guerre, o sospetti di pestilenze, o per carestie, o per altri simili accidenti».

Così fu che la Sacra Testa veniva portata dall’abbazia a Siena tutti gli anni, due volte l’anno, nelle solennità di Pentecoste e dell’Assunzione, e condotta processionalmente per le vie della città, con il braccio destro di Sant’Ansano e la testa di Santa Caterina, in altre parole i tesori spirituali più importanti della città. Gli storici dell’epoca descrivono con dovizia di particolari i miracoli che accompagnavano le traslazioni della reliquia: il mulo che, sulla via del ritorno, si avviava spontaneamente alla cappella sul Montesiepi e, lì giunto, vi si inginocchiava; le campane delle varie chiese lungo il percorso che suonavano spontaneamente; il rasserenarsi improvviso del tempo.testa3

I chiusdinesi, concittadini del santo, partecipavano in gran numero a queste processioni nonostante il disagio di recarsi – per molti addirittura a piedi! – a Siena.

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Dal 1330 giunge a noi la prima memoria dell’ostensione della reliquia della Sacra Testa a Siena, per l’insediamento della comunità cistercense galganiana nell’abbazia di San Michele a Quarto, in ottemperanza alle disposizioni testamentarie del Cardinale Riccardo Petroni: «El cardinale Riccardo de’ Petroni da Siena lassò per testamento, e così fu fatto, l’Abadia a Quarto e dotolla e fu fornita in questo tenpo. Unde fu comesso nell’abate di San Galgano che consegnasse e pigliasse il titolo di detta badia; e vene co’ suoi monaci e colla testa di San Galgano entrò in Siena come a procissione, co’ molta gente, col palio sopra la detta testa con molte torce acese e passò a piè el palazo, e i signori Nove esciro di palazo e ine bacioro la detta testa, e poi si ritornaro in palazo». «L’omaggio reso dai Signori Nove all’insigne reliquia – osserva giustamente la storica dell’arte Elisabetta Cioni – al suo passaggio nella piazza del campo, testimonia di un culto già consolidato a Siena».

Nel 1383 la Sacra Testa fu nuovamente portata in processione per le vie di Siena per implorare la cessazione della carestia che affliggeva la città ed il contado.

testa4Nel frattempo erano avvenuti alcuni episodi drammatici che avevano convinto i responsabili della repubblica di Siena sulla necessità del trasferimento permanente dell’insigne reliquia nella città: nel 1364 John Hawkwood, conosciuto in Italia come Giovanni Acuto, con la sua Compagnia degli Inglesi aveva messo a ferro e fuoco la terra di Frosini, a pochi chilometri dall’abbazia, riducendo in prigionia molti abitanti e costringendo gli altri alla fuga; più tardi l’Acuto, unito alle soldataglie di Ambrogio Visconti, era tornato in quelle contrade ed assediò l’abbazia di San Galgano «facendo per tutto grandissimi danni e uccidevano e robavano facendo danni inestimabili» e l’anno seguente «si pose [il Visconti] a San Galgano e facenno grandissimi danni d’ardere e guastare e robare a Siena e vinti miglia». Ma l’evento che impose, almeno per qualche anno, il trasferimento della Sacra Testa a Siena, fu la partecipazione dell’Abate di San Galgano, Ludovico di Tano, ad una congiura contro la repubblica. Nel 1403 infatti, «il magistrato e gli officiali, avendo dichiarato reo contro la repubblica, l’abate di San Galgano, decretarono affinché le reliquie di San Galgano fossero trasferite da Giacomo priore dei monaci nell’ospedale maggiore» della città, «affinché fossero restituite all’abbazia di San Galgano una volta sedati tumulti e disordini»; si noti l’uso del plurale («reliquie» e non «reliquia») forse perché oltre alla Sacra Testa furono trasferiti a Siena anche altri resti del Santo? Forse non tutto il corpo fu trasferito in Garfagnana ed a Montesiepi erano stati trattenuti anche altre ossa?

Nel 1408 il concistoro della repubblica ordinò la restituzione delle reliquie, ma in effetti solo la Sacra Testa ritornò all’abbazia e nulla sappiamo di altre reliquie.

Di altre grandi pubbliche ostensioni della Sacra Testa a Siena si ha memoria nei secoli seguenti: il 29 di maggio del 1425, addirittura per ordine di San Bernardino, che in quei giorni era presente in città, la Sacra Testa con altre insigni reliquie, quali uno dei chiodi di Cristo e il braccio destro di Sant’Ansano, fu portata processionalmente per la vie della città. E così nel 1430 una nuova processione con la Sacra Testa fu effettuata per impetrare la fine di una pestilenza, e nel 1439 in ringraziamento per il termine dello scisma fra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente, a seguito del Concilio di Firenze.testa5

Nel 1477 il concistoro della repubblica di Siena deliberò di onorare il santo chiusdinese aggiungendo dieci doppieri con le armi e le insegne della città ai sedici che già venivano portati dall’Abate di San Galgano, affinché in tempi «sospecti di contagione, carestie et altre adversità», il cavaliere-eremita intercedesse presso Dio per allontanare dalla città e dallo stato tali pericoli. Il domenicano Gregorio Lombardelli scrive che nello stesso anno «i nobilissimi, e circospetti Gentilhuomini dell’università della Seta» elessero San Galgano quale proprio protettore, obbligandosi ogni 3 dicembre a celebrare «e cantar la Messa solenne all’Altar grande ne la Chiesa de la Maddalena, dove era detta Santa Reliquia». L’edificio si trovava in via Roma e successivamente alle soppressioni napoleoniche fu acquistato dalla famiglia Bianchi che lo trasformò nel palazzo che ancor oggi si vede. Nello stesso anno l’Abate di San Galgano, Bartolomeo di Giovanni, «fece fare nella chiesa un luogo vicino all’altar maggior a canto a la sagrestia, dove stese il tabernacolo con la detta Reliquia, potendo vedersi per una finestra che risponde in Chiesa, con ornamento di pietra intagliata, e con una ferrata». Si tratta del tabernacolo marmoreo, attribuito a Giovanni di Stefano, che dopo la demolizione della chiesa fu posto nella facciata esterna del muro perimetrale del giardino di palazzo Bianchi – dove ancora si trova – e che dimostra come la reliquia sostasse a Siena per periodi di tempo molto lunghi.

È facile pensare che questi trasferimenti risultassero tuttavia assai faticosi, cosicché la Sacra Testa finì per rimanere a Siena, dapprima nel monastero della Maddalena e poi, nel 1549, per ordine dell’Abate Commendatario Giovan Andrea Vitelli-Ghiandaroni, nel monastero di Santa Maria degli Angeli detto popolarmente Il Santuccio. Il manoscritto del monastero di Santa Maria degli Angeli così recita: «Un venerdì di Marzo, a 23, ci fu data e portata la testa di San Galgano, ched era nela Maddalena e perché v’entrorno a stare li spangniuolj avivan paura che non la tolesino e fu quando ci facevano la citadella al San Domenicho»,

Il deposito della Testa al Santuccio fu confermato nel 1576 dal successore del Vitelli-Ghiandaroni, il Cardinale Alessandro Farnese.

testa6Le pie monache del Santuccio incrementarono il culto di san Galgano tagliando ciocche di capelli del santo e regalandole ad insigni personalità in segno di omaggio e di gratitudine, e fabbricando delle fascette di stoffa con la scritta «Sancte Galgane ora pro nobis», che, una volta toccate sulla Sacra Testa, si credeva avessero virtù taumaturgiche, soprattutto per la cura dell’emicrania.

Restano a noi le memorie delle imponenti processioni del XVII e del XVIII secolo, nelle domeniche in albis. Nella domenica “in albis” del 1649, l’11 aprile, la testa di san Galgano fu solennemente traslata per le vie di Siena: Giovanni Battista Cenni, che dell’evento redasse una Relationededicata al Marchese Galgano Bichi di Roccalbegna, per altro confratello della Compagnia di San Galgano di Chiusdino, scrive che la Comunità di Chiusdino partecipò alla processione con il proprio stendardo ed alla testa di una “truppa delle Donne di essa Comunità, che erano sopra sessanta”: “La devota comunità di Chiusdino – scrive il Cenni – alla sua venuta nella Domenica in Albis da mattina per honorare il lor Santo Compatriotto in dimostratione della loro pietà, e devotione verso il medesimo, oltre agli altro honori fattili, presentarono in quel giorno sedici Ceri bianchi di peso di libbre tre per ciascuno, segnati con l’arme della loro Comunità, acciò si tenessero accesi avanti la Sacra Testa nel tempo che stava esposta”.

Le cronache del monastero di Santa Maria degli Angeli narrano addirittura di un miracolo avvenuto in questa circostanza: Suor Orsola Pannocchieschi, «essendo stata 14 anni inferma in lecto con infirmità incurabile […] in detto giorno levatasi e caminato, come anco segue».

La successiva ostensione della reliquia avvenne il 18 aprile 1694, ma a causa di controversie fra le varie confraternite senesi, fu organizzata all’ultimo momento, si crede per il decisivo intervento del Marchese Bichi, ma in tono minore rispetto alla precedente, tanto che «essi Giusdinesi non vennero la domenica della processione per li dubbi ch’avevano inteso esservi per le difficoltà sopradette di fare o non fare la processione», ma intervennero la domenica dell’ottava, il 25 aprile, «fra huomini e donne, che furno 137 falcole che altresì furno 137 libbre di cera». Ad ognuno degli intervenuti del paese natale del Santo «li si fece dare una fascetta et un’involtino di bambagia e taffetà toccato la testa del santo».testa7

Della processione del 1 aprile 1742 giunge a noi la notizia di un altro miracolo del santo, il recupero della salute di Suor Anna Teresa delle monache del Santuccio, affetta da un tumore alla mandibola destra «per riparare [il quale] tutti i rimedi che inventare puote la medicina […] nulla valsero, che perciò doppo esser la paziente ricorsa all’intercessione de’ santi, in detta sera si radunarono nella stanza del deposito le religiose, dove si era la santa testa» e, una volta che all’ammalata fu posta sulla guancia della bambagia toccata sulla testa del santo «si sentì subbito svanire il dolore […] dormì tutta la notte, passata la quale si sentì affatto risanata».

Durante il XVIII secolo, la Sacra Testa fu portata in precessione ancora una volta, cioè nel 1780; mentre una sola pubblica solenne ostensione avvenne nel secolo successivo, precisamente nel 1846.

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A partire dall’inizio del Novecento, i chiusdinesi più volte fecero istanza agli arcivescovi di Siena perché la Sacra Testa fosse loro affidata per trasferirla in una delle chiese del loro paese.

Nel 1910, avendo saputo che «le monache di S. Maria degli Angeli, … [erano] rimaste poche e [sarebbero state] aggregate ad altro convento essendo questo stato soppresso», infatti, la Compagnia di San Galgano, temendo che la reliquia restasse incustodita, chiese al Vescovo di Volterra, Mons. Emanuele Mignone, di presentare all’Arcivescovo di Siena, Mons. Prospero Scaccia, la richiesta di trasferire la Testa a Chiusdino ma, nonostante che il Governatore Piero Masserizzi ed il Camerlengo Angelo Conti avessero presentato una petizione accompagnata da oltre duemila firme, i chiusdinesi ricevettero una risposta negativa.

Col trasferimento della Sacra Testa dal monastero del Santuccio al Museo dell’Opera del Duomo, nel 1925, la Compagnia tornò a chiedere la consegna della venerata reliquia, ma ancora una volta si trovò di fronte al rifiuto delle autorità ecclesiastiche senesi, nonostante fosse stata tentata addirittura una mediazione della Segreteria di Stato vaticana: il Cardinale Eugenio Pacelli (Il futuro Papa Pio XII), rispose che non avrebbe potuto intervenire senza in qualche modo ledere la legittima autonomia dell’archidiocesi di Siena. Analoga risposta ricevette il Vescovo di Volterra, Mons. Dante Maria Munerati, che si era posto come intercessore a nome dei chiusdinesi verso la Sacra Congregazione dei Riti, qualche anno dopo, da parte del Cardinal Carlo Salotti, prefetto del dicastero vaticano.

Nel 1948, tuttavia, compiendosi l’ottocentesimo anniversario della nascita di San Galgano (almeno secondo la consuetudine, poiché in realtà non sappiamo esattamente in quale anno il Santo sia nato) il Proposto di Chiusdino, l’indimenticato Mons. Dante Mazzinghi riuscì ad ottenere il soggiorno temporaneo della reliquia a Chiusdino.

Il registro dei verbali delle adunanze della Compagnia di San Galgano, riporta una breve memoria dell’evento: la trascrivo integralmente, pur con le sue approssimazioni ortografiche e grammaticali, in modo che il lettore ne colga l’entusiasmo del ricordo immediato: “Era il giugno del 1948 e si compiva il centenario della nascita del nostro protettore S. Galgano. Ad iniziativa del Sig. Proposto don Dante Mazzinghi, fu deciso di festeggiare con solennità questa ricorrenza. Il Sig. Proposto fece premura perché fosse portata qua la Sacra Testa del santo che si conservava nel Museo di Siena.

Infatti la sera del 18 giugno giunse in mezzo a noi tra i festeggiamenti del popolo ricevuta dal Vescovo di Volterra monsignor Antonio Bagnoli.

Il 19 stette esposta nella Chiesa Parrocchiale fino a tutto il 20 giorno di domenica che fu il più solenne. Durante i festeggiamenti furono presenti, il Vescovo di Volterra, che tenne alcune prediche, il Padre Talocchi dell’Osservanza di Siena parlò pure per alcune sere. Dall’Osservanza venne pure la Domenica la Scola [sic !] Cantorum per rendere più solenne la messa, le funzioni e la processione che fu fatta su la sera; a un certo punto dalla finestra di casa Betti parlò Monsignor Faustino Baldini Vescovo di Massa Marittima. In questo giorno parlò alla Messa l’Arcivescovo di Siena Monsignor Toccabelli Mario. La musica del paese rallegrò la festa. Fu corso anche un palio di cavalli, e fu chiusa la festa con fuochi artificiali.

La mattina del 21 la sacra Testa fu trasportata alla parrocchia di S. Galgano dove fu ricevuta non meno solennemente che a Chiusdino. Nel tempio di S. Galgano fu celebrato il pontificale da Monsignor Baldini Vescovo di Massa Marittima, e su la sera di questo giorno passando nuovamente di qui [cioè da Chiusdino] fece ritorno a Siena lasciando in tutti i paesani un caro ricordo e desiderio di riaverla fra noi”.

Il desiderio del Proposto Mazzinghi e di chiusdinesi si sarebbe concretizzato trent’anni dopo.

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testa8Nel 1954, con decreto dell’allora Sacra Congregazione Concistoriale, la Parrocchia Prepositura e l’intero Vicariato di Chiusdino furono trasferiti dalla Diocesi di Volterra all’Archidiocesi di Siena. Questo fatto senza dubbio favorì la restituzione della Testa del Santo a Chiusdino.

Nel 1976 il Proposto don Vittorio Lorenzetti costituì un comitato di cittadini, denominato Associazione San Galgano nella sua terra, a cui aderì la stessa Compagnia del santo tramite il suo Priore e Governatore Galgano Banducci, con la finalità di ottenere la Sacra Testa e di portarla nuovamente a Chiusdino e finalmente il 16 Aprile 1977, Mons. Luciano Maccherini, Vicario Generale, consegnò al Proposto Lorenzetti ed al Pievano di San Galgano, Padre Giuseppe Romualdo Gilli, e ad una folla di chiusdinesi l’ambita reliquia: tolta dall’antico reliquiario gotico, la Sacra Testa fu posta in uno nuovo, di foggia moderna, opera dell’orafo fiorentino Bino Bini e donato dai coniugi Francesco e Vittoria Pancioli di Montecatini Terme per celebrare il venticinquesimo anniversario del loro matrimonio.

In attesa di giungere a Chiusdino, la preziosa reliquia sostò nella cattedrale di Siena finché il 23 aprile successivo la Sacra Testa fu portata all’eremo di Montesiepi accompagnata da un corteo di auto: una staffetta formata dai giovani chiusdinesi portò all’eremo una fiaccola con la quale fu accesa una lampada accanto all’altare del santo.

La domenica 24 aprile la Sacra Testa fu trasferita dall’eremo alla sottostante abbazia. Nell’antica chiesa abbaziale, nel Tempio, come dicono i chiusdinesi, l’Arcivescovo di Siena Monsignor Mario Ismaele Castellano, il Vescovo di Volterra Monsignor Roberto Carniello, l’Abate di Monte Oliveto Maggiore dom Angelo Sabatini e numerosi sacerdoti celebrarono la Santa Messa davanti ad una folla di fedeli. Erano presenti anche autorità politiche e militari, ovviamente il Sindaco di Chiusdino, Mario Govi, ma anche quello di Siena, Canzio Vannini, e poi l’Onorevole Edoardo Speranza, Sottosegretario al Ministero della Giustizia, in rappresentanza del Governo, il Dott. Mario Calamari, Presidente della Corte d’Appello di Firenze, il Dott. Luciano Pagano, Questore di Siena, ed i rappresentanti dei Carabinieri, della Polizia di Stato e delle Forze Armate di stanza a Siena. .

L’Arcivescovo ricordò l’attualità del messaggio di San Galgano ravvisando in esso “un modello di come si deve operare nella preghiera e nella comunità. Il suo esempio di fedeltà alla chiesa e di autentica vita cristiana – egli disse – è anche un netto rifiuto dell’odio e della violenza per un vivere sereno e cristiano”.

Anche l’Onorevole Speranza, in un suo breve intervento, richiamò all’esempio cristiano di San Galgano, tracciandone i valori morali, e si complimentò con la popolazione per la straordinaria partecipazione e devozione per il santo patrono.testa9

Per festeggiare lo storico avvenimento furono organizzare anche una corsa podistica sui sentieri intorno all’abbazia, una corsa ciclistica sul percorso abbazia di San Galgano – Monticiano – Chiusdino – Ciciano – Palazzetto e un concerto della banda musicale “Città del Palio” di Siena.

La testa giunse a Chiusdino quella sera stessa, poco dopo il tramonto, accolta da una popolazione al colmo dell’entusiasmo: chi scrive ricorda ancora tante persone, uomini e donne, giovani ed anziani, che si inginocchiarono ai lati della curva della Piazza dell’Olmo, al passaggio del camion sul quale era esposta la preziosa reliquia, sostenuta dal Proposto Lorenzetti, in mozzetta violacea e rocchetto.

La reliquia è conservata attualmente e venerata nella Prepositura di San Michele Arcangelo a Chiusdino.