La Conturbatio Mariae nella sinopia dell’annunciazione dell’eremo di Montesiepi (Bollettino 1/2011)

L’eremo di San Galgano a Montesiepi racchiude al suo interno un piccolo scrigno, si tratta della cappella quadrangolare che fu aggiunta al corpo cilindrico del tempio negli anni Quaranta del Trecento per adempiere la volontà di Vanni di messer Toso Salimbeni, che aveva legato le rendite della sua proprietà di Santo Pietro, vicino a Chiusdino, alla costruzione di una cappella pulcherrima, bellissima cioè, di pietre e con volte dipinte, annessa alla chiesa di San Galgano, nella quale un monaco avrebbe dovuto celebrare ogni giorno una santa messa per l’anima del pio testatore.

La cappella si apre nella parte di sinistra – rispetto a chi entra – del santuario; presto terminata fu affrescata da Ambrogio Lorenzetti e dai suoi allievi: nella parete di fondo, in alto, entro la lunetta che si forma tra la parete e la copertura a crociera, la Madonna in maestà, cioè sul trono, in una corte di angeli e santi e figure allegoriche. Sulla stessa parete, più in basso, l’Annunciazione. Nella parete di sinistra, dall’alto, nella lunetta, San Galgano alla testa di un solenne corteo di santi ed angeli, nell’atto di offrire alla Madonna il simbolo della sua conversione, la spada infissa sulla sommità del terreno di Montesiepi; più in basso il Lorenzetti raffigurò il pellegrinaggio di San Galgano a Roma. Nella parete di destra: la canonizzazione di San Galgano. Purtroppo gli ultimi due affreschi sono deteriorati: di quello che raffigurava il pellegrinaggio nella città eterna restano poche tracce di colore ed una parte della sinopia; l’altro, sulla canonizzazione, è andato perduto.

Nel 1922 e poi di nuovo nel 1967, questo ciclo di affreschi è stato sottoposto ad un imponente opera di restauro che ha permesso di individuare la composizione iconografica iniziale ed i successivi rifacimenti.

Gli affreschi della parete di fondo, la Madonna in maestà e l’Annunciazione sono quelli che sono giunti fino a noi nelle condizioni migliori.

L’affresco relativo all’Annunciazione ha suscitato e suscita tuttora un interesse particolare per tutti coloro che visitano Montesiepi e ne studiano le caratteristiche artistiche

Dallo studio della sinopia, recuperata nel 1967, e dell’affresco risulta evidente che l’autore/gli autori ha/hanno rappresentato il celebre episodio in due diversi modi: se la sinopia infatti ci presenta la Madonna inginocchiata o quasi rannicchiata che, spaventata, abbraccia una colonna, l’affresco la raffigura genuflessa davanti all’angelo, in atteggiamento sereno, con le braccia incrociate sul petto.

Sulla sinopia si sono scatenate e si scatenano ridde di interpretazioni: se da una parte non si è voluto arrivare più oltre che definire insolito lo spavento di Maria Santissima, qualche improvvisato esegeta è giunto a dichiarare che il disegno sarebbe lontano dai canoni con cui la Chiesa voleva che si rappresentasse l’episodio, lontano dalla dottrina cattolica; né è mancato chi, assai più spericolato, ha addirittura ipotizzato che la sinopia non raffigurasse l’annuncio della nascita di Gesù, quanto piuttosto quello della morte di Maria!!! Ed a me sembra particolarmente grave che simili baggianate possano leggersi anche sulle guide turistiche con velleità di autoqualificazione.

Eppure sarebbe bastato aprire una qualsiasi Bibbia, cercare il brano relativo all’annunciazione e leggerlo, per rendersi conto come la sinopia corrisponda perfettamente alla più certa ortodossia cattolica.

L’annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria è narrata nel primo capitolo del Vangelo secondo San Luca. L’evangelista, dopo averci presentato il luogo, Nazareth, ed i protagonisti dell’episodio, l’angelo Gabriele ed una fanciulla di nome Maria, ci dice che l’angelo “entrò da lei e le disse ‘Salve, o piena di grazia, il Signore è con te’. Per tali parole ella rimase turbata e si domandava che cosa significasse un tale saluto” (Lc 1, 28-29).

Ora l’espressione “fu turbata”, nell’originale greco – gli evangelisti scrissero i loro libri in lingua greca – suona “διεταράχθη” (si legge: dietaracte) una voce verbale che letteralmente significa “fu sconvolta”, dal sostantivo διαταράχή (diatarachè), sconvolgimento, forse da δέος (deos), paura.

È l’evangelista Luca quindi, a dirci chiaramente che Maria Santissima si spaventò quando udì l’annuncio dell’angelo Gabriele.

Il brano evangelico ci presenta un colloquio fra l’angelo Gabriele e Maria Santissima e le reazioni emotive di quest’ultima e noi possiamo leggere che la Madonna ha attraversato cinque stati mentali e spirituali:

la conturbatio: l’iniziale sconvolgimento/turbamento di fronte all’annuncio, che ho descritto poco sopra (“Per tali parole ella rimase turbata”);

la cogitatio: la riflessione che Maria Santissima compie sulle parole dell’angelo (“Si domandava cosa significasse un tale saluto”);

l’interrogatio: la domanda che la Madonna rivolge all’angelo (“Allora Maria disse all’angelo: Come è possibile? Non conosco uomo”);

la humiliatio: l’umile adesione della Madonna al volere di Dio (“Disse allora Maria: Ecco la serva del Signore; si faccia di me come hai detto tu”);

la meritatio: cioè la consapevolezza dell’accettazione di Maria del compito assegnatoLe dalla Provvidenza, riconoscibile nella descrizione del termine della missione dell’angelo (“E l’angelo si allontanò da lei”).

A riprova di quanto la conturbatio, lo sconvolgimento iniziale della Madonna, sia conforme alla dottrina della Fede, si dirà anche che essa è stata recepita dalla Madre Chiesa nel momento in cui ha elaborato le preghiere del breviario: il responsorio che segue la prima lettura del Mattutino, dice esattamente: “Et expavescit Virgo de lumine”, “Si spaventò la Vergine a causa di quella luce”.

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Gli artisti, lungo i secoli, hanno messo in evidenza or l’uno or l’altro degli stati d’animo di Maria, così a Montesiepi il Lorenzetti ha rappresentato la conturbatio e poi, forse su richiesta degli esecutori testamentari di Vanni Salimbeni o dei monaci stessi o con il cambiare del gusto, ha raffigurato la humiliatio.

Ma c’è di più.

L’annunciazione, come detto, è avvenuta a Nazareth, nella casa di Maria. Di quella casa, a Nazareth, oggi rimangono solo bassi rialzi perimetrali e la roccia della collina cui era addossata; la tradizione, per altro supportata da constatazioni storico-archeologiche degne di fiducia, identifica il resto delle mura dell’edificio in quella della Santa Casa di Loreto. Ebbene, i pellegrini cristiani che nel Medio Evo si recavano in Terrasanta e raggiungevano Nazareth – quando i musulmani non lo impedivano loro, imprigionandoli per venderli come schiavi o uccidendoli tout court – potevano ancora vedere alcune interessanti testimonianze, fra di esse due colonne all’esterno della grotta.

Si trattava dei resti dell’antichissima basilica fatta costruire dall’imperatrice Elena nel IV secolo e che i musulmani avevano distrutto. Ben presto la fantasia si impossessò di quelle due colonne e si disse che esse segnavano i punti esatti dove si trovavano l’angelo e Maria Santissima al momento dell’annuncio. Più ancora, nel Trecento, epoca dell’esecuzione degli affreschi di Montesiepi, si era già consolidata una pia leggenda secondo la quale la Madonna, spaventata per la presenza dell’angelo, si sarebbe aggrappata ad una delle colonne.

Di ciò abbiamo una testimonianza nel Libro d’Oltramare di fra’ Niccolò da Poggibonsi, un padre francescano che fu pellegrino a Nazareth nel ‘47.

Scrive infatti fra’ Niccolò che “Dentro [Nazareth] si è una bellissima chiesa nel proprio luogo dov’era la casa delle nostra Donna, quando l’angelo l’annunziò; ma ora si è abbattuta la chiesa, salvo che la camera della nostra Donna. La detta camera si è piccola molto ed è lavorata di musaica opera ed era la casa appoggiata a una grotta di sasso”, ed, ecco qui la notizia interessante, “Dentro si è la colonna che abbracciò S. Maria per la paura quando l’angelo l’annunziò”.

La sinopia dell’annunciazione della cappella di Montesiepi ci presenta dunque la conturbatio Mariae, lo sconvolgimento di Maria, che ha preceduto la humiliatio, la sua accettazione dell’altissimo compito di madre del Figlio di Dio che l’ha resa unica fra tutte le donne, benedetta fra le donne, e lungi dal rappresentare un’interpretazione eretica dell’episodio evangelico, testimonia al contrario l’attentissima lettura del Vangelo, la profonda conoscenza della liturgia della Chiesa non meno che la ricezione di tradizioni che dal Vicino Oriente giungevano in terra di Siena.

Troppo lungo sarebbe in questa sede presentare anche solo un abbozzo di indice delle opere in cui è stata raffigurata la conturbatio Mariae, dal mosaico che Pietro Cavallini eseguì alla fine del Duecento per la chiesa di Santa Maria in Trastevere, a Roma, su commissione del cardinale Jacopo Stefaneschi che scrisse i versi che commentano l’opera – un cardinale, dunque!, caso mai ci fosse bisogno di confermare ancora una volta l’ortodossia della rappresentazione – in cui la Madonna, assisa su di un trono, sembra come ritrarsi raccogliendosi il manto sulle spalle, all’Annunciazione eseguita da Simone martini e Lippo Memmi nel 1333 per il duomo di Siena e che attualmente si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze, in cui il gesto della Madonna di ritirarsi nel suo manto è oltremodo accentuato. Il tema della conturbatio Mariae è presente in un altro celeberrimo luogo dello spirito, la chiesa della Porziuncola presso Assisi, nella pala eseguita nel 1393 da Prete Ilario Zacchi da Viterbo. Né il tema resta confinato al Trecento se pensiamo all’Annunciazione dipinta dal Botticelli per il monastero di Cestello, a Firenze, nel 1489 o ’90 e ora agli Uffizi, o a quella eseguita nel 1528 da Lorenzo Lotto in cui la Madonna appare come ritrarre la testa fra le spalle mentre un gatto fugge spaventato, o a quella del Domenico Beccafumi per la chiesa dei Santi Martino e Vittoria di Sarteano, del 1546, per tornare in ambiente senese.

Né l’abbraccio della colonna presente nella sinopia di Montesiepi costituisce un caso isolato, a riprova della sua perfetta corrispondenza alla dottrina cattolica: al museo del Louvre di Parigi si conserva un’Annunciazione della fine del Quattrocento, che il grande storico dell’arte Roberto Longhi ha attribuito a Carlo Braccesco, in cui la Madonna è rappresentata nell’atto di alzarsi repentinamente da un inginocchiatoio, come distolta d’improvviso dalla preghiera, ed abbracciare la celebre colonna.

Solo l’attuale grave e colpevole ignoranza dei contenuti della Religione Cristiana, può intravedervi qualcosa di lontano o addirittura di opposto alla Dottrina della Fede.

Andrea Conti