Fra Lucio III, Urbano III e Gregorio VIII, quale papa ha iscritto Galgano da Chiusdino nell’elenco dei Santi? Antichi e moderni studiosi sono discordi.
di Andrea Conti
(prima parte)
Il più antico biografo di San Galgano, un anonimo monaco cistercense vissuto nel XIII secolo proprio nell’abbazia intitolata al santo, ci informa che la canonizzazione di Galgano avvenne cinque dopo la morte del giovane chiusdinese: «Trascorsi cinque anni [dalla morte], per le preghiere di uomini consacrati, affinché il ricordo di lui non perisse insieme alla sua terrena risonanza, fu ammesso dal successore di Pietro e vicario di Gesù Cristo ad esser nominato in terra nel catalogo dei Santi in quel giusto posto cui crediamo corrisponda un nome scritto in cielo».
La prima cosa che notiamo è questa espressione: «essendo già trascorso lo spazio di cinque anni [dalla morte]», «quinque forte annorum spatio iam decurso», scrive esattamente l’anonimo monaco. Ora è ormai certo che Galgano sia morto il 30 novembre del 1181 – ce lo dice lo stesso monaco – ergo la canonizzazione non può essere avvenuta che verso la fine del 1186.
La seconda cosa che notiamo sia in questo testo sia in quelli immediatamente successivi, cioè nelle due biografie scritte da un monaco agostiniano di cui ignoriamo il nome e da un monaco vallombrosano di nome Blasius e nella Legenda volgare, è che viene taciuto il nome del papa che procedette alla dichiarazione della santità di Galgano. Eppure l’indicazione temporale relativa ai cinque anni già trascorsi dalla morte avrebbe permesso facilmente di risalire al nome del pontefice. Perché gli anonimi monaci cistercense ed agostiniano autori delle più antiche biografie non segnalano alcun nome? Perché non lo fanno nemmeno Blasius o l’anonimo estensore della Leggenda volgare?
In uno scritto intitolato Legenda beati Galgani confessoris attribuito al monaco Rolando da Pisa ed elaborato presumibilmente per uso liturgico, come si capisce dal fatto che sia intitolato Legenda, cioè storia da leggere ai fedeli nel giorno della festa del santo, si afferma che il papa che compì il solenne atto fosse il senese Alessandro III: «a successore Petri et vicario Jesu christi, Domino Alexandro tertio senensi … [Galganus] inter catalogum Sanctorum receptus est», ovvero «Galgano fu ricevuto nel catalogo dei santi dal successore di Pietro e vicario di Gesù Cristo, dal signore Alessandro III senese», ma si tratta evidentemente di un errore, anche piuttosto grossolano, poiché nel 1185 Alessandro III era morto addirittura da quattro anni !!!
Un errore che non sfuggì al domenicano Gregorio Lombardelli quando, nel 1577 scrisse la sua Vita del gloriosissimo San Galgano senese da Chiusdino che così infatti scrisse: «Rolando Pisano, dicendo che fu canonizzato cinque anni doppo la morte da Alessandro, dice cosa, che non può stare; perché Alessandro non sopravvisse a Galgano».
Stessa osservazione anche da parte del grande storico della Chiesa, il cardinale Cesare Baronio: «senza dubbio si riscontra che il papa Alessandro lasciò questa vita prima di San Galgano, certamente lo stesso anno del Signore 1181, sei giorni avanti l’inizio di settembre (cioè il 26 agosto; ma in realtà il Papa morì il 30 del mese): sembra opportuno ammettere o che Galgano morisse in un giorno prima di questo tempo, o che da un altro Romano Pontefice sia stato inserito fra i Santi».
Qualche anno dopo, precisamente nel 1625, lo storico senese Giugurta Tommasi licenziava alla stampe a Venezia le sue Historie di Siena; in esse l’insigne studioso afferma che fu il Papa Lucio III a istruire la causa di canonizzazione di Galgano: «la fama de‘ molti miracoli, escitò desiderio nella Repubblica di Siena di ottenere dal Sommo Pontefice la canonizzazione di Galgano; così compiacendosene Papa Lucio, cinque anni doppo la morte del santo, fù commesso l’esamine della vita di lui». Tuttavia, se noi leggiamo con attenzione queste poche righe, vediamo che il Tommasi non dice che Lucio III procedette alla canonizzazione ma solo che fece istruire la causa relativa ad essa.
L’identificazione di Alessandro III come il Papa che canonizzò Galgano, fu quindi contestata anche dall’erudito chiusdinese Giulio Vincenzo Biagini, anche se lui, erroneamente, attribuisce questo sbaglio proprio al padre Lombardelli, che invece lo aveva prima di lui rilevato: «Il P. Lombardelli asserisce, che S. Galgano fù canonizato da Alessandro 3.o alla quale opinione tutti s’oppongono, primieramente il Card. Baronio nell’Annotationi al Martirologio, perche Alessandro 3.o morì di Settembre 1181, e S. Galgano a Dicembre seguente». Il Biagini aggiunge di aver avuto queste informazioni dal padre Antonio Libanori, abate di San Galgano e biografo del nostro santo, il quale gli avrebbe fatto il nome di un altro pontefice, quello di Lucio III: «è d’opinione, et avedutamente dice, che fù canonizato da Lucio 3.o l’anno 1185».
Ed infatti il Libanori nella sua Vita del glorioso san Galgano eremita cisterciense data alle stampe nel 1645, afferma che la canonizzazione avvenne per opera di Lucio III: «Lucio III […] diede ordine ad alcuni Vescovi, e frà gli altri ad Ugo Saladini di Volterra, che formassero Processo sopra la vita, e miracoli di Galgano», quindi «assicurato […] della santità di Galgano l’anno 1185 il quinto del suo Pontificato in Roma solennemente l’annoverò fra i Santi Confessori della Chiesa». Il Libanori, a sostegno della sua tesi, riporta il cartiglio che si poteva leggere in calce ad un affresco che si trovava nella cappella di Montesiepi e che riproduceva la solenne cerimonia ed ora scomparso: «A Lucio III Lucense Pontifice Max. canonizatur anno Domini MCLXXXV», ovvero: «È canonizzato da Lucio III, lucchese, Sommo Pontefice, nell’anno del Signore 1185». Purtroppo non sappiamo quando furono eseguiti questi affreschi, e quindi non è possibile invocare la loro autorità.
Se seguiamo l’informazione del Tommasi, cioè che l’esame della vita di Galgano è iniziato “cinque anni doppo” la morte di lui, allora il processo avrebbe avuto inizio nel 1186, ma anche in questo caso siamo di fronte ad errore: papa Lucio III infatti morì il 25 novembre 1185, quindi non avrebbe potuto l’anno seguente ordinare l’indagine sulla santità di Galgano né procedere alla sua canonizzazione.
L’autorità del Tommasi e poi del Libanori, tuttavia fece sì che la notizia fosse presa per buona e come tale fosse riportata acriticamente da molti biografi successivi, con pochissime eccezioni, fino a tempi recenti.
Due letterati senesi, Girolamo Gigli prima, e Giovanni Antonio Pecci poi, colsero infatti questa incongruenza: se la canonizzazione era avvenuta cinque anni dopo la morte del sant’uomo, allora non poteva collocarsi che alla fine del 1186, sotto il pontificato non di Lucio III, che morì nel novembre del 1185, bensì del successore, Urbano III, eletto nello stesso giorno della morte di Lucio e deceduto nell’ottobre del 1187.
Il canonico Alessandro Crusini spostò dal 1186 all’ ‘87 l’effettiva canonizzazione di Galgano ma la attribuì al successore di Urbano, Gregorio VIII, eletto nell’ottobre del 1187 ma morto nel dicembre successivo, dopo nemmeno due mesi di pontificato.
Chi dunque ha ragione?
Teniamo presente che alla fine del XII secolo, l’apertura di un’inchiesta cognitiva per ordine del sommo pontefice da sé sola era una specie di tacito riconoscimento della santità, quantomeno perché si presupponeva che già fosse avvenuta un’inchiesta preliminare da parte del vescovo locale: il vescovo era il garante che la causa aveva fondamenti seri, ovvero che vi erano indizi di santità e prove della devozione di cui l’inquisito era oggetto. Del resto fino a quel momento non era ancora definita la procedura per l’affermazione della santità di qualcuno, e a garanzia di essa era spesso invocata soltanto la pubblica fama di santità.
È certo che il vescovo di Volterra Ugo, che aveva conosciuto Galgano in vita, avesse autorizzato la costruzione della cappella sul Montesiepi a custodia della tomba del santo e della sua spada; è possibile che avesse anche provveduto ad una prima inquisitio de vita, miraculis et fama sanctitatis di Galgano. Ed è certo anche che il suo successore, Ildebrando Pannocchieschi, abbia presieduto all’elevatio delle spoglie del cavaliere-eremita cioè al disseppellimento del cadavere, o di ciò che ne restava, per esporlo alla pubblica venerazione.
Sia la costruzione della cappella sia l’elevatio del cadavere, di per sé costituivano già il primo riconoscimento ufficiale della santità di Galgano, ma fra l’XI ed il XII secolo la Santa Sede aveva più volte avocato a sé l’ultima parola in merito al riconoscimento della santità dei fedeli.
È quindi possibile che il vescovo di Volterra, forse Ugo o forse il suo successore Ildebrando, o forse tutti e due, prima l’uno e poi l’altro, abbiano inviato al papa delle postulationes finalizzate ad ottenere l’apertura dell’inchiesta pontificia per la canonizzazione dell’eremita chiusdinese.
In tal caso sono del parere che papa Lucio III, nell’estate del 1185, abbia soltanto accolto le istanze del vescovo Ugo ed Ildebrando ed autorizzato l’apertura dell’inchiesta con la nomina dei commissari ma che non abbia proceduto alla canonizzazione.
Dal verbale del processo sappiamo che il nome di uno dei commissari «a summo pontifice delegati», delegati dal Sommo Pontefice, letto su uno dei tre sigilli che erano appesi al documento originale, era quello di Conradus episcopus. Nel 1914 lo storico Fedor Schneider nel suo insuperato studio degli atti del processo ha dimostrato che nel 1185 in Toscana non esistevano vescovi con questo nome ma che in quell’estate vi si trovava Corrado di Wittelsbach, cardinale vescovo della Sabina ed arcivescovo di Magonza per cui sembra certo che uno dei commissari pontifici possa essere stato proprio lui.
Nulla sappiamo degli altri due delegati pontifici; forse uno di essi fu il «magister Melior, titulo Sanctorum Iohannis et Pauli presbiter cardinalis» cioè il «Maestro Meliore cardinale prete del titolo dei Santi Giovanni e Paolo», che l’anonimo biografo cistercense cita tra coloro che «humiliter accesserunt», umilmente si recarono sul Montesiepi dopo il decesso di Galgano. Per il terzo commissario è possibile pensare allo stesso vescovo di Volterra Ildebrando.
Lucio III conobbe i risultati dell’inchiesta?
Se anche ciò avvenne, tenendo presente che la canonizzazione avvenne «essendo già trascorso lo spazio di cinque anni» dalla morte di Galgano, comunque non pare abbia potuto iscrivere l’eremita nel catalogo dei santi.
La canonizzazione allora è avvenuto o per opera di Urbano III nel 1186 o per quella di Gregorio VIII nel 1187.
Esiste tuttavia un’altra possibilità: Lucio III, che in quanto sommo pontefice era depositario del più alto potere di giurisdizione sulla Chiesa, avrebbe potuto fare ricorso ad una figura giuridica particolare, la cosiddetta jurisdictio delegata, conferendo alla stessa commissione la facoltà di procedere alla canonizzazione; in tal caso saremmo in presenza della cosiddetta canonizzazione in forma commissoria. In sostanza Lucio III potrebbe aver delegato allo stesso vescovo di Volterra ed ai due cardinali, Corrado e Meliore, lo stesso giudizio di santità altrimenti riservato al pontefice; questo spiegherebbe come nella documentazione più antica, sia taciuto il nome del pontefice e in quella successiva si sia fatto riferimento a lui. D’altra parte, dalla fine del XII secolo, quindi da pochi anni dopo la canonizzazione di Galgano, i sommi pontefici non hanno più concesso questa delega.