Chi, come me, ha superato i quarant’anni – da un bel po’, ahimè – sa che il titolo del Parroco di Chiusdino è Proposto. Lo dico perché da tempo è invalsa l’abitudine a rivolgersi al Parroco usando il tradizionale “don” seguito dal nome, ma c’è ancora chi preferisce rivolgersi a lui chiamandolo “Signor Proposto” e fra codesti ostinati si onora di annoverarsi il sottoscritto. Forse in questo cambiamento avrà guadagnato la confidenza, ma io sono fra quelli che credono che la confidenza non sia danneggiata in alcun modo dall’uso di un titolo di cortesia, e soprattutto che si ostina a vedere in un titolo, un collegamento fra chi lo porta ed i suoi predecessori e successori: in una parola a vedervi la perpetuità della Santa Madre Chiesa, della sua Fede e della sua disciplina.
Sono antiquato? Forse; ma è uno dei miei pochi pregi e spero vivamente che compensi qualcuno dei miei molti difetti.
Cosa significa esattamente questo titolo?
Si tratta di una parola che deriva dalla lingua latina, dall’avverbio “prae”, cioè “davanti”, e dal verbo “ponere”, ovvero “porre”, quindi “posto davanti”, nel senso di “posto al di sopra [di qualcuno]”. Nell’antichità era il titolo di coloro che erano incaricati di sovrintendere a qualcosa, per esempio chi aveva compiti di sorveglianza militare. La Madre Chiesa ne fece il titolo del superiore di un gruppo di sacerdoti, intermedio fra costoro ed il Vescovo.
Il titolo di Proposto fu concesso ai parroci di Chiusdino quasi trecento anni fa, precisamente nel 1737, dal vescovo di Volterra, nella cui diocesi si trovava allora Chiusdino (Vi è rimasto sino al 1954); questo titolo sostituì quello originario di Pievano, ed il primo a portarlo fu un sacerdote che era nato proprio a Chiusdino: Monsignor Innocenzo Amaddio Mattei.
Innocenzo Amaddio Mattei nacque a Chiusdino nel 1698, nel palazzo paterno, quello ancora oggi abitato dai discendenti della sua famiglia, in Piazza Giacomo Matteotti, dal Signor Galgano Teseo Mattei e dalla Signora Anna Virginia Bartali.
Sia il padre che la madre appartenevano a due antiche e nobili famiglie: i Mattei originari di Massa Marittima ma già da tre secoli prima della nascita di Innocenzo trapiantati e perfettamente integrati nella comunità chiusdinese; ed i Bartali provenienti dal più vicino castello di Miranduolo e da lì trasferiti in paese, nel poderoso palazzo sulle mura castellane, addossato ad una delle tre porte, ed ancora oggi di proprietà dei loro discendenti.
Innocenzo fu il primo dei cinque figli di Galgano Teseo ed Anna Virginia; dopo di lui vennero alla luce: Orsola, che poi sposò un nobile Saracini di Siena, Giorgio, che come il fratello fu sacerdote, Prassede, che si maritò in casa Chelaschi, e Fillide Teodosia, che si sposò con un Santi, medico a Pienza.
Dell’infanzia di Innocenzo ci giunge solo la notizia che ricevette il sacramento della cresima nel 1707, all’età di nove anni e che fu “novizio” della confraternita di San Galgano: all’epoca non si diventava confratelli a seguito della semplice richiesta di ammissione; prima di divenire confratelli era necessario dimostrare di esserne degni, compiendo un congruo periodo di noviziato.
È da supporre che giovanissimo, appena adolescente forse, abbia scelto di accedere agli studi per diventare sacerdote, o che vi sia stato avviato dalla famiglia. Non credo, infatti, che si sia trattato di una scelta contrastata; la madre era sorella di due sacerdoti, don Giacomo Antonio e don Domenico, ed un terzo, suo zio don Basilio Bartali, morto nel 1704, era stato Pievano di Chiusdino.
In casa Mattei invece non c’erano stati sacerdoti nelle ultime generazioni, ma la famiglia era molto legata alla chiesa: il nonno di Innocenzo, Giorgio, ed il bisnonno, Teseo, erano stati priori della confraternita di San Galgano, il padre era il custode dell’oratorio della Madonna di Porta Piana. I Mattei inoltre facevano celebrare a loro spese, nella chiesa di San Martino a Chiusdino, la festa di San Giorgio martire, il 23 aprile, “un’anno sì, e un’anno nò”, “con vespri e messa cantata”, come è scritto nel libro di memorie di quella chiesa, conservato nell’Archivio di Stato di Siena.
Di lì a pochi anni la strada intrapresa da Innocenzo sarebbe stata percorsa dal fratello Giorgio, che dopo l’ordinazione sarebbe diventato Arciprete di Boccheggiano, e da due cugini, Giovanni Antonio e Giovanni Basilio.
Superati brillantemente gli studi nel seminario vescovile di Volterra, Innocenzo fu ordinato sacerdote nel 1722 da Sua Eccellenza Mons. Ludovico Maria Pandolfini, Vescovo diocesano.
Successivamente all’ordinazione, il giovane Mattei conseguì la laurea in utroque jure, ovvero in diritto civile e penale e canonico e qualche anno dopo fu nominato Protonotario Apostolico.
Ecco qui un altro termine insolito: il titolo di Protonotario, ovvero di Primo Notaio, Apostolico è antichissimo, originariamente era dato ai sacerdoti incaricati dai Sommi Pontefici di redigere gli atti dei martiri, affinché non andasse perduta la memoria di quei campioni della fede. Terminate le persecuzioni i Protonotari ebbero anche il compito di redigere i documenti emanati dai Pontefici o dai Concili. I Protonotari Apostolici avevano vari privilegi: di indossare una veste talare di colore paonazzo, come i Vescovi, ma con fascia e fiocchi rossi, come i Cardinali; di portare un cappello di color paonazzo, ma con le nappe rosse; di portare l’anello con la gemma, come i Vescovi; nelle cappelle papali di poter sedere subito dopo i Cardinali ma prima degli Arcivescovi e dei Vescovi; di poter avere un altare portatile e quindi di celebrare o far celebrare la Santa Messa anche laddove non fosse possibile, per esempio in una città colpita da scomunica, nonchè in casa propria; di celebrare la Messa al di fuori degli orari allora consentiti (all’epoca la Messa poteva essere celebrata non prima dell’alba e non dopo mezzogiorno); di celebrare la Messa coi paramenti vescovili …
Nel 1733, alla morte di don Giovanni Galgano Venturi, pievano di Chiusdino, Monsignor Mattei fu chiamato a sostituirlo.
Nel giugno del 1733, a due mesi di distanza dalla sua presa di possesso della Pieve, il Mattei già chiese al Vescovo di Volterra l’erezione di essa in Prepositura, ma dovette attendere altri quattro anni perché la sua richiesta venisse esaudita. Finalmente il 30 agosto 1737, il Vescovo Mons. Ludovico Maria Pandolfini emanò da Volterra un decreto in cui mutava il titolo della Pieve di San Michele Arcangelo in Chiusdino, in quello di Propositura, confermando il “Dilectus […] in Christo Innocentius Mattei Sacerdos Clusdinensis Juris Utriusque Doctor Prothonotarius Apostolicus” nel titolo di Proposto, per lui “et successoribus”, per i successori, con il diritto di indossare, sulla talare nera, un “almutium”, una mozzetta (Una piccola mantellina che dalle spalle scende fino alla metà dell’avambraccio) “violacei coloris”, violetta, come quella dei vescovi.
Oggi si può sorridere di questi privilegi: viviamo in un’epoca in cui i sacerdoti, per il loro abito, non si distinguono in nulla dai fedeli. Non era così nei secoli passati, quando la società era ordinata con una rigida gerarchia, e le distinzioni sociali passavano anche attraverso i colori e la foggia degli abiti.
Nel decreto con il quale il vescovo concedeva questi titoli, se ne possono leggere le motivazioni che presumibilmente furono dettate dallo stesso Monsignor Mattei: la dotazione di cinque altari nella chiesa parrocchiale; la presenza di tre chiese suffraganee, ovvero quelle di San Martino in paese, San Lorenzo al Castelletto, Santa Maria a Ciciano; la presenza di tre oratori in paese, ovvero due oratori nella casa natale di San Galgano e quello di San Sebastiano, lì accanto, e di due oratori fuori delle mura, ovvero quelli della Madonna delle Grazie e della Madonna di Porta Piana; la presenza di numerose confraternite di laici; il grande numero degli abitanti, peraltro di buoni costumi e, dice il Vescovo, “natura dociles”, “docili per natura” … ; la presenza di sette sacerdoti e di parecchi giovani che studiavano nel seminario; le numerose celebrazioni che si tenevano nelle varie chiese, l’istruzione quotidiana del popolo in Quaresima; infine il fatto che Chiusdino fosse il paese dove era nato San Galgano “sancitate et miraculis clatissimus”, “famosissimo per santità e miracoli”.
Monsignor Innocenzo Amaddio Mattei, primo Proposto di Chiusdino, morì nel 1754, dopo aver guidato la sua Propositura per più di venti anni.
Non si sa esattamente dove sia stato sepolto, cioè se nella chiesa di San Michele Arcangelo, di cui era Proposto, o piuttosto in quella di San Martino, in cui era il sepolcro dei suoi antenati: nessuna lapide indica la tomba di Monsignor Mattei. Forse non sarebbe male rimediare a questo triste oblio, ponendo un ricordo di lui almeno nella chiesa di San Michele, cui ottenne un così grande onore.
Andrea Conti
Debbo e voglio esprimere il mio ringraziamento al Dottor Alessandro Furiesi, Vicearchivista della Curia Vescovile di Volterra per avermi fornito le notizie sul curricolo ecclesiastico di Mons. Innocenzo Amaddio Mattei. Non è questa la prima volta che ricorro alla competenza ed alla disponibilità del Dottor Furiesi per le mie ricerche sulla storia religiosa di Chiusdino e, poiché ho sempre trovato in lui la più ampia e sollecita soddisfazione di ogni mia richiesta, non voglio privarmi del piacere di ricordare il suo gentile contributo.