Intorno al 1430 una gentildonna senese, Ludovica Bertini, vedova di Turino di Matteo, Operaio della Cattedrale, commissionò al più rinomato ed apprezzato pittore dell’epoca, Stefano di Giovanni di Consolo, forse da Cortona o forse da Siena, detto Il Sassetta una pala d’altare raffigurante la Madonna della Neve.
La pala, di notevoli dimensioni (circa due metri e mezzo per lato) fu collocata sull’altare della cappella di san Bonifacio, vicino alla cosiddetta porta del perdono, nel duomo di Siena.
La pala ha questo titolo in ricordo di un presunto miracolo, avvenuto a Roma alla metà del IV secolo: si narra infatti, che Giovanni, un patrizio romano, e la moglie avessero deciso di dedicare una chiesa alla Vergine Maria. Nella notte tra lunedì 4 e martedì 5 agosto del 352, la Madonna stessa sarebbe apparsa loro informandoli che un miracolo avrebbe indicato loro il luogo su cui costruire la chiesa. Il mattino seguente, Giovanni si sarebbe recato dal Papa Liberio, per raccontargli il sogno; e qui ci sarebbe stata la sorpresa: il Papa avrebbe affermato di aver avuto anche lui lo stesso sogno. Intanto alcuni cittadini sarebbero giunti al palazzo papale per informare che un’abbondante nevicata era caduta sull’Esquilino. Il Papa si sarebbe allora recato sul luogo ed avrebbe tracciato sulla neve il perimetro dell’edificio; la chiesa sarebbe stata costruita a spese dei due coniugi; nei secoli seguenti essa fu nota come basilica “Liberiana”, dal nome del Papa, o popolarmente “Santa Maria ad Nives” ed oggi come Santa Maria Maggiore.
La pala presenta al centro l’immagine dalla Madonna con il divino Bambino, contornati da angeli, due dei quali sorreggono una corona sulla testa della Vergine, mentre i due più in basso sostengono vassoi colmi di neve, e da santi, a destra Pietro e Giovanni Battista, a sinistra Paolo e Francesco d’Assisi
Nel 1591 la pala fu rimossa e collocata nei magazzini dell’opera.
Lì la trovò, l’anno seguente, il priore della Compagnia di San Galgano di Chiusdino, Matteo Biagini, il quale, su mandato dei confratelli la acquistò per il prezzo di ottantaquattro lire, per collocarla nella cappella della casa natale di San Galgano: “Mattio di Mattio Biagini da Giusdino – si legge nei documenti dell’archivio dell’opera del duomo di Siena (n. 732; foglio 122 verso) – dè dare a dì 8 di Giugno lire ottantaquattro. Sono per una tavola d’altare, quale già stava acanto alla porta del Perdono a man’ dritta in Duomo, da pagharla in questo modo cioè, la metà al presente e l’altra metà per tutto il mese di novembre prossimo …”.
È presumibile che l’opera sia giunta in paese poco dopo l’acquisto.
Sappiamo che era ancora presente nella cappella della casa di san Galgano nel 1682: nei termini seguenti la descrive Giulio Vincenzo Biagini, un discendente di Matteo e pure lui priore della nostra compagnia: “È dipinta in mezo la B. V. Maria con N. S. Bambino in colloquio alla quale due Angeli con tutto il corpo humano disposti sostengono con le mani la corona e due altri assistono di poi a destra in luogo sublime è effigiato S. Pietro Apostolo a sinistra S. Pavolo Apostolo, a destra in luogo più inferiore S. Gio. Battista, a sinistra S. Franc[esc]o d’Assisi, nella cornice messa a oro”.
La pala della Madonna della Neve fu protagonista di un interessante caso giudiziario che si verificò nei primi decenni del Novecento.
Nel 1785 il Gran Duca di Toscana Pietro Leopoldo I di Lorena soppresse la Compagnia di San Galgano e ne incamerò i beni. Benchè i confratelli abbiano tenuto in non cale questa soppressione ed abbiano continuato ad operare come se niente fosse accaduto, pure il sodalizio fu spogliato dei suoi beni. Con la successiva occupazione napoleonica, alcuni ambienti della casa natale di San Galgano, che erano già stati incamerati dallo stato, furono venduti a privati. Fra i beni alienati risultò purtroppo anche una stanza ad uso di magazzino, di stalla o di cantina, nel quale la celebre opera d’arte era venuta malauguratamente a trovarsi; ora l’acquisto della stanza era stato fatto “a cancelli chiusi” dalla famiglia Atticciati che, oltre che del fondo, divenne perciò proprietaria dell’opera d’arte.
Per molto tempo l’opera rimase in questo magazzino, ma verso il 1850, gli stessi Atticciati, eredi degli acquirenti, decisero di collocarla, a semplice titolo di consegna, nella chiesa di San Martino in Chiusdino, dove rimase fino agli anni Venti del Novecento.
Nel 1926 la soprintendenza alle belle arti delle province di Siena e di Grosseto, non sappiamo in base a quale convinzione, forse perché l’opera in antico si trovava nella casa di San Galgano e che quest’ultima era divenuta di proprietà comunale, identificò il municipio come proprietario dell’opera stessa e quest’ultimo la trasferì nella sala del consiglio comunale.
Contro questa acquisizione insorse Augusto Atticciati, detto Ciuchino per via della sua professione di fiacre delle carrozze di piazza a Siena, il quale contestò, in proprio e nell’interesse dei congiunti, il diritto del comune di Chiusdino a disporre del dipinto.
La questione fu deferita al tribunale di Siena, quindi alla corte d’appello di Firenze, successivamente alla corte d’appello di Roma che inviò la causa alla suprema corte di cassazione a sezioni riunite.
La corte di cassazione, con sentenza del 5 agosto 1935 – si noti la coincidenza: è il giorno in cui si festeggia la Madonna della Neve – riconobbe il dipinto di proprietà privata.
Purtroppo questo sentenza permise che l’opera fosse venduta dagli eredi dei primi acquirenti Atticciati, al conte Alessandro Contini Bonacossi di Firenze, appassionato collezionista di opere d’arte, e quindi che essa lasciasse Chiusdino.
Nel 1969 la contessa Vittoria Contini Bonacossi, vedova del conte Alessandro, donò allo Stato italiano la prestigiosa collezione raccolta in tanti anni dal marito: la pala della Madonna della Neve fu compresa fra le opere donate ed è esposta attualmente nella Galleria degli Uffizi, di Firenze.
Andrea Conti